lunedì 26 luglio 2010

Ma dove ci sta portando sta Globalizzazione neoliberista?

Nel 2001, all'ingresso della Cina nel WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), in Occidente questo evento veniva salutato da uno stuolo di economisti, professori e utopisti illuminati, come l'inizio di una nuova era di prosperità e benessere per tutto il Mondo.

Molti di questi professori ed economisti vari, dimenticavano come gli esperimenti neoliberisti in passato, applicati su scala nazionale (vedi Cile), avessero solo portato a catastrofi nell'economia di quei paesi che avevano rinunciato ad una sana tutela e protezione delle produzioni nazionali.

Maurice Allais, Nobel francese per l'economia aveva previsto la grande crisi del 2008-2009 con anni di largo anticipo, studiando semplicemente i deleteri effetti dell'economia globalizzata, applicata alle economie occidentali.

Degno di attenzione e di nota, anche il movimento no-global che negli anni passati ha sottolineato con forza e con manifestazioni (condivisibili nelle intenzioni, ma discutibili per la troppa frequente infiltrazione di gruppi violenti) l'assurdità della globalizzazione neo-liberista.

In pratica, molti economisti neo-liberisti dei paesi Occidentali, erano convinti che potessimo vivere chiudendo le fabbriche, delegando il manufatturiero in Asia, dedicandoci solo ed esclusivamente alla finanza creativa ed alla ricerca e sviluppo. La finanza creativa è crollata miseramente e la ricerca e sviluppo ormai le fanno in asia, assieme al 99% dei prodotti che consumiamo. A noi restano milioni e milioni di disoccupati, e macerie dell'era industriale da spazzare via.

A questo punto, la crisi c'è stata nonostante si sarebbe potuta sia prevedere che evitare ed a fatica le economie occidentali cercano di riprendersi dalla devastazione completa portata dalla crisi globalizzatrice.

Infatti, nelle previsioni dei professori neo-liberisti, la Cina, mano a mano che si sviluppava, si sarebbe dovuta mettere a consumare agli stessi ritmi dei paesi occidentali, e così USA ed Europa avrebbero iniziato a produrre beni di alta tecnologia da vendere ai paesi asiatici in via di sviluppo. Ma qualcosa è andato storto, e i cinesi invece di consumare si sono messi a risparmiare come nessun altro paese al mondo. Così la Cina ha delle riserve di valuta enormi, e ha creato dei fondi sovrani con i quali sta comprando azioni e partecipazioni di industrie in mezzo mondo, senza però dare lavoro al di fuori dei confini cinesi.

Chi sta pagando per l'incapacità di prevedere una tale crisi ?  Gli operai.
Le piccole fabbriche, in Occidente chiudono senza sosta, incapaci di reggere la concorrenza sleale delle fabbriche asiatiche. Le grosse fabbriche, trasferiscono le produzioni in Europa dell'est, ed al di fuori della Comunità Europea per risparmiare sui salari degli operai.

Ma se gli operai li stanno licenziando, vorrei sapere chi comprerà sti prodotti fatti in Asia o nei paesi dell'est, in regime di dumping sociale e fiscale.

Questa tendenza di spostare le produzioni ad est deve finire.

I nostri governi devono iniziare ad attuare forti politiche protezionistiche alle frontiere e nelle dogane, al fine di tutelare il lavoro di milioni di operai occidentali contro l'invasione di merci scadenti ed a basso costo dai paesi asiatici, merci prodotte in regimi di dumping sociale e fiscale. Le dogane dovrebbero iniziare ad applicare seri dazi anti-dumping, che prevedano delle quote aggiuntive e specifiche ai fini della tutela del lavoro, della previdenza e del diritto alla salute degli operai delle fabbriche occidentali.

Ogni prodotto  a basso costo proveniente dall'Asia che entra in Italia, è una mina vagante che minaccia il lavoro dei nostri operai, delle loro famiglie, delle nostre conquiste sociali, previdenziali e del nostro stile di vita in genere. E' giusto che tali prodotti a basso costo che raggiungono le nostre dogane, siano tassati per una quota aggiuntiva, quota che compete alla protezione della nostra industria nazionale, facendo arrivare tali risorse economiche provenienti da tali dazi aggiuntivi, in casse speciali dedicate alla tutela del lavoro in Occidente.

A tal fine, si auspica una riforma serie ed urgente delle istituzioni europee anti-dumping, al fine di accelerare al massimo l'iter delle pratiche anti-dumping e di dare alle istituzioni coinvolte nelle procedure anti-dumping, maggiori poteri per la tutela dei sistemi sociali, previdenziali e produttivi europei.


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