sabato 23 gennaio 2010

Ruolo rivisto delle dogane nel nuovo mondo globalizzato ed il nuovo "PROTEZIONISMO SOCIALE"

C'erano una volta un gruppo di economisti, codiddetti neo-liberisti, che, ideologizzando in maniera un tantino eccessiva e fin troppo azzardosa, pensavano che abbattere i dazi fuori da ogni controllo, e favorire la libera circolazione delle merci provenienti dai paesi dell'estremo oriente e dall'Asia, avrebbe reso un grosso vantaggio economico all'Occidente. Parlavano della cosiddetta Globalizzazione neo-liberista, che oggi come oggi, sta rendendo insonni le notti di molta gente in Occidente. Questo genere di economisti, probabilmente sognavano ad occhi aperti, in quanto il loro modello, non aveva avuto prima d'allora un vero riscontro nella realtà, e sottovalutavano in maniera eccessiva tutti gli aspetti negativi che la realizzazione di un tale quatro, totalmente scriteriato, avrebbe poi in effetti portato; sti economisti globalizzatori neo-liberisti li vedevi spuntare come i funghi in qualsiasi trasmissione o a qualsiasi tavolo dove si parlava di futuro dell'economia e, circondati da decine e decine di studenti giovani, interessatissimi ad ascoltare le loro teorie volte ad abbattere lo statalismo ed il controllo degli stati sull'economia di mercato, erano seguitissimi e presi in seria considerazione nonostante la loro ideologia avesse parecchi aspetti tanto ideologizzati quanto utopici. Li vedevi mentre con sicurezza estrema, davano ormai per scontata la globalizzazione dell'econimia, e ci illudevano, facendoci vedere un nuovo mondo, in cui in occidente riuscivamo a mantenere il nostro tenore di vita e le nostre conquiste sociali, creando nuovi posti di lavori vivendo semplicemente di servizi, di finanza creativa, di sviluppo ed innovazione, mentre in Oriente si spostavano i grandi capitali per finanziare enormi costruzioni,  e quindi di conseguenza si trasferivano tutte le grosse industrie e le grandi produzioni di massa, laddove lavoravano milioni di operai sottopagati ed a basso costo, producendo di tutto (dall'aglio, fino ad arrivare alle navi da crociera). Di fatto, la fine dell'era industriale per l'Occidente, e l'inizio di una nuova era globalizzata, a loro modo di vedere le cose. E noi assieme a questi grandi economisti, guardavamo questo nuovo mondo utopico, globalizzato, ormai quasi rassegnati, in quanto tutto era stato già deciso dentro le stanze dei bottoni ed all'interno dei circoli del potere mondiale, mondo globalizzato con l'economia e le produzioni tutte nelle mani di una singola "entità planetaria", e noi in Occidente, non producendo piu' nulla e con un tasso di natalità prossimo allo zero, stavamo li belli, zitti e contenti con i nostri servizi a valore aggiunto, con i nostri studi, le nostre università uniche al mondo e con la nostra finanza creativa, continuando a ideologizzare assieme a questi grandi economisti illuminati, raccondandoci storielle che probabilmente non avevano nulla ad invidiare alla favola di Alice nel Paese delle Meraviglie. In parte avevano ragione, in quanto le prime aziende che hanno cominciato a licenziare in occidente, e a delocalizzare in Oriente, hanno tratto grossissimi vantaggi per le loro casse, portando in tasca profitti spaventosi, in quanto sono riusciti a proporre prodotti in un Occidente ancora ricco, a prezzi molto più bassi rispetto alle stesse fabbriche che ancora si ostinavano a produrre in Occidente, pagando (giustamente) salari alti ai loro operai e pagando (giustamente) i contributi pensionistici ai loro operai. Gli operai occidentali, licenziati in quella prima fase, riuscivano subito a ritrovare lavoro nel terziario avanzato, in quanto nel frattempo gl amici di questi grandi economisti, si erano inventati la cosiddetta "finanza creativa" che stampando soldi dal nulla e vivendo di bolle speculative, faceva diventare noi occidentali tutti ricchi, creando fittizziamente nuovi posti di lavoro, in settori totalmente vuoti, dove non si produceva ricchezza reale, ma solo fittizzia. Molti hanno seguito le idee di tali economisti, facendo fare un salto nel buio a mezzo mondo. Per fortuna o per sfortuna questo quadro meraviglioso ed idilliaco di un mondo nuovo, globalizzato e neo-liberista infatti è durato pochissimo, ed oggi sti tizi, dopo la recessione mondiale del 2008-2009 non li vedi più comparire ad alcun tavolo, e nessuno riesce più a vedere il futuro roseo per l'Occidente, promesso da questi  grandi maghi dell'economia e della finanza.

Finita l'era dell'utopia neo-liberista, adesso ci ritroviamo con la realtà nuda e cruda davanti ai nostri occhi. Un cumulo di macerie; una montagna di detriti insormontabile. Disoccupazione, debito pubblico, prodotti asiatici a prezzi ridicoli, talvolta poco sicuri o addirittura tossici, che invadono in quantità spaventose i nostri mercati. I giovani che vedono svanire nel nulla il sogno di trovare il posto sicuro in fabbrica, a 18 anni, che ti sistemava per tutta la vita.

Oggi ci ritroviamo con le grosse fabbriche Occidentali, (le poche che ancora riescono a stare aperte), che delocalizzano in massa le produzioni verso i paesi asiatici; in Asia le università stanno superando le università occidentali quanto a numero di laureati ed a brevetti industriali e sfornano ingegneri, medici, ricercatori, scienziati, matematici a più non posso, che per un decino di paga rispetto ai loro colleghi occidentali, fanno gli stessi lavori per le grandi multinazionali (peraltro ormai per la gran parte sotto il controllo dei capitali sovrani di paesi emergenti, spessissimo governati da regimi dittatoriali e totalitaristi), e molte idee innovative nel campo della ricerca e dello sviluppo ormai provengono da Oriente; i governi asiatici, impongono alle fabbriche nazionali di ridurre in maniera spaventosa la percentuale di brevetti occidentali presenti nei loro prodotti, spingendo le fabbriche a produrre al 100% prodotti altamente tecnologici, ingegnerizzati totalmente da tecnici orientali; le grandi banche occidentali sono in crisi per via dei soldi persi a causa degli investimenti sbagliati fatti nei prodotti derivati, e nella finanza creativa, che ha creato enormi bolle speculative, soprattutto immobiliari; milioni di operai occidentali disoccupati, che non sanno dove andare a cercare lavoro; i governi Occidentali che si stanno indebitando fino al collo per pagare sussidi di disoccupazione e cassa integrazione, mentre gli stessi governi erano fino a pochi anni fa indaffarati ed impegnati su come gestire l'enorme flusso di denaro che entrava nelle loro casse, per via delle tasse pagate dalle fabbriche, e dalle tasse caricate sugli stipendi dei milioni di operai che lavoravano tutti i santi giorni. ora tutto questo comincia a mancare, e il terreno comincia a franarci sotto i piedi.

Globalizzazione, disoccupazione, delocalizzazione, protezionismo e anti-duping . Ecco le cinque parole che hanno forti legami fra di loro, e che ripeteremo fino alla nausea nei prossimi 20 anni.

In pratica, in questo nuovo ordine mondiale, realizzato in meno di 20 anni, dai grandi economisti neo-liberisti, ci ritroviamo con i paesi dell'estremo oriente e dell'Asia che avranno letteralmente in mano le redini delle più grosse produzioni mondiali di beni di consumo (automobili, elettrodomestici, elettronica di massa, vestiario, giocattoli etc..), con università asiatiche che fanno ricerca e sviluppo, facendo diretta concorrenza ai poli di ricerca occidentali, e fra non pochi anni, gli ex-operai degli ex grandi paesi occidentali, dovranno bussare alle porte di questi paesi, per chiedere un pochino di lavoro, con stipendi sottopagati e senza protezioni sociali degne di un Occidente che ha lottato quasi 100 anni prima di vedere integrate certe ideologie sociali, nel proprio DNA dottrinario.

In meno di 20 anni, abbiamo ridotto in cenere buona parte del nostro unico ed incredibile sviluppo sul piano industriale, sociale ed umano, delegando i paesi asistici, a gestirci la ricerca, l'innovazione, la produzione e tanto altro. Il neo-liberismo globalizzatore, è stata la peggiore, la più perfida, la più raffinata e la più subdola arma in assoluto mai concepita dalla mente umana, per abbattere o minare drammaticamente alle basi, le conquiste sociali ed i sistemi previdenziali messi su in Occidente, dopo secoli di lotte sociali, per dare alle masse ciò che l'autoritarismo, il totalitarismo e il capitalismo senza regola avaveno loro negato. Addirittura, oggi è sempre più facile, sentirsi dire qui in Occidente, che la paga di un operaio Occidentale è troppo alta, e quasi quasi sono giuste le paghe degli operai Asiatici, spesso nel silenzio gelido e più assoluto dei rappresentanti sociali: SIAMO ARRIVATI VERAMENTE AL CAPOLINEA. Gli operai licenziati, o senza stipendio da mesi, ormai, sono costretti a rimanere notti e notti al gelo, sui tetti delle loro fabbriche in via di smantellamento (per delocalizzare in Asia) per affermare il diritto al lavoro ed al salario dignitoso, cui hanno diritto, diritto che la globalizzazione neo-liberista vuole loro di fatto negare.
Le masse (contadine, operaie e social-borghesi emancipate) hanno osservato con meraviglia l'avanzata della globalizzazione, spesso con felicità, in quanto come funghi spuntavano un pò ovunque grossi centri commerciali che importavano milioni di container direttamente dall'Asia, riempendo gli scaffali con merci a basso costo, che riempivano con l'illusione le case della gente comune. Ma nulla viene donato gratis, ed alla fine i nodi tornano al pettine, arrivando prima o poi il conto da saldare: disoccupazione, aumento dei costi dell'energia, dell'acqua, della telefonia, della benzina, difficoltà a trovare il primo posto di lavoro, spostando troppo in avanti negli anni l'età per formarsi una famiglia, al fine di dare certezze alla propria esistenza.

Ma la soluzione per fortuna esiste, e anche se potrà arrivare in ritardo, si chiama PROTEZIONISMO SOCIALE.
Il protezionismo fine a sestesso, è un male, tanto quanto la globailzzazione. Ma quando si deve curare un malato, i medici hanno imparato un'arte, ovvero quella di maneggiare ed usare sostanze potenzialmente tossiche, chiamate farmaci, che benchè tossiche, usandole nelle dosi e nei tempi giusti, riescono a curare l'organismo e a distruggere la malattia.
Il mondo occidentale, oggi è malato, e la parte che rischia maggiormente di soccombere o essere danneggiata sono le conquiste sociali ottenute in secoli di lotta dai lavoratori, e pertanto il nostro sistema deve prendere la medicina. La medicina giusta è il "protezionismo sociale", e siccome il protezionismo fine a se stesso è tossico se usato ad alte dosi, lo dobbiamo usare a piccole dosi, e nei tempi giusti, e solo laddove serve a tutelare le conquiste sociali dei lavoratori.
Maurice Allais , nobel per l'economia, già nel 2005 aveva detto che il protezionismo fra paesi con sistemi sociali differenti, era necessario. Ad esempio, se un paese produce automobili, e paga gli operai un decimo rispetto alla paga di un operaio europeo, l'Europa è giusto che innalzi una barriera protezionistica nei confronti di tale paese, imponendo dazi pesanti in dogana, al fine di tutelare il lavoro dei propri operai. Invece, le automobili provenienti da paesi con sistemi sociali paragonabili e simili a quelli europei, dovranno essere gravate da dazi molto più bassi.

I neo-liberisti non sono stati in grado di prevedere la crisi globale, che sta inviestendo come una tempesta, i mercati. Ed oggi, gli stessi economisti, insistino nel dire che il protezionismo non è la soluzione contro la bestia da essi stessi creata, la globalizzaizone neo-liberista. Ma per logica, chi è causa di un male, non è in grado di dare la soluzione. Maurice Allais, fu uno dei pochi, che sottolineò la pericolosità di creare un sistema globalizzato neo-liberista, e già all'epoca delineò quella che doveva essere la tendenza delle nostre economie di mercato nei confronti delle importazioni provenienti dai paesi con sistemi sociali differenti: PROTEZIONISMO SOCIALE. In effetti, se produrre un prodotto in Italia (ad esempio 1 caffettiera) costa all'industria italiana 5 euro, ed all'industria asiatica 1 euro, quei 4 euro di differenza, sono il valore che lo stato italiano perde, permettendo all'industria asiatica di vendere in regime di concorrenza "sleale" i suoi prodotti in Italia, causando pertanto il licenziamento di milioni di operai. Con quei 4 euro di differenza, lo Stato può garantire alla propria pololazione servizi, previdenza e lavoro. Lo Stato è quindi in dovere di tutelare la propria industria (con l'annessa occupazione) dalla concorrenza sleale dei paesi asiatici, che producono in regime di dumping sociale e fiscale

Le dogane hanno un ruolo fondamentale nella cura del malato, e diventano anno dopo anno sempre più importanti ed essenziali per impedire che grosse e piccole fabbriche occidentali chiudano per sempre, con la conseguente perdita di preziosissimi posti di lavoro.

Già gli USA hanno imposto dazi per l'importazione di pneumatici e di tubi in acciaio (leggi), con il consenso dei sindacati, al fine di salvaguardare l'industria nazionale. La Russia ha deciso recentemente di aumentare i dazi per l'importazione di autovetture straniere (leggi) Molti paesi seguiranno tali esempi per salvare le industrie nazionali e milioni di posti di lavoro. L'Unione Europea di recente ha rinnovato i dazi sulle calzature, e si pensa di introdurre dazi e controlli stringenti alle dogane per molti altri prodotti (certificazioni CE, certificazioni Rohs) al fine di evitare l'importazione di merci pericolose per la salute dei consumatori.

I nostri governi, pertanto, faranno bene a potenziare nei prossimi anni le strutture doganali, al fine di rallentare il più possibile l'invasione di prodotti dall'Oriente, a prezzi stracciati, mettendo in atto tecniche anti-dumping, al fine di ridare ossigeno alle nostre economie occidentali, malate di globalizzazione, di delocalizzazione e di disoccupazione.

Produrre in occidente, a prezzi di poco superiori, ed adottare il PROTEZIONISMO SOCIALE per quanto riguarda i prodotti importati, vuol dire mantenere in piedi il sistema previdenziale-pensionistico, le tutele sociali di cui ormai gode la popolazione ed i posti di lavoro; difendere le frontiere dall'invasione di prodotti a basso costo, significa proteggere secoli di conquiste sociali. Così facendo, favoriremo in Oriente la nascita di una società più giusta e più equa nei confronti dei lavoratori orientali.

E' giusto che i beni siano prodotti un pò ovunque, ma è anche giusto che l'operaio che li produce in Oriente, sia pagato il giusto, e che gli siano pagati i contributi pensionistici. Così facendo, da noi arriveranno prodotti orientali a prezzi sovrapponibili a quelli delle nostre industrie occidentali, e quindi sarà il consumatore a scegliere in base alla qualità ed all'assitenza, e non più in base al solo prezzo, artificiosamente ribassato a causa di politiche sociali nei confronti dei lavoratori messe in atto nei paesi orientali,  totalmente non condivisibili da parte del mondo Occidentale sviluppato.
In mancanza di politiche sociali eque nei confronti degli operai orientali, non resta altro che alzare artificialmente barriere doganali, con dazi anti-dumping sociale. Inoltre, bisogna impedire la delocalizzazione selvaggia delle grandi industrie, che licenziano gli operai occidentali, per andare a produrre in oriente, pagando la stessa manodopera molto meno. La delocalizzazione per ragioni di dumping sociale, è ingiusta e a tal fine, andrebbero presi provvedimenti da parte dei governi occidentali, contro le fabbriche che licenziano in Occidente e delocalizzano le produzioni in Oriente, solo per trarre un ingiusto profitto togliendo il salario all'operaio occidentale, e pagando meno l'operaio Orientale.


I manager, che pensano che pagare meno un operaio asiatico sia una cosa giusta, al fine di fare profitto, sbagliano di grosso. Uno stipendio di un operaio occidentale, è scaturito da anni di lotte sociali, e se pensano di annullare i benefici raggiunti nelle fabbriche, e la sicurezza raggiunta, portando i loro capitali nei paesi asiatici, fanno un grave errore, in quanto prima o poi il boomerang scagliato dalla loro voglia di profitto a tutti i costi, ritornerà indietro, colpendo loro, e colpendo poi tutti.