venerdì 27 agosto 2010

Globalizzazione e diritti dei lavoratori

Era inevitabile. Dopo aver fatto entrare nel WTO (World Trade Organization) alcuni paesi asiatici del terzo mondo (dove i diritti dei lavoratori sono di gran lunga inferiori a quelli dei lavoratori occidentali), i diritti dei lavoratori in Europa ed in Occidente in genere, cominciano ad essere messi in discussione. Secondo alcuni neo-liberisti (a torto) i nostri lavoratori hanno troppi diritti e sono pagati troppo; secondo loro ciò sarebbe sbagliato in una economia globalizzata.

Io invece penso che sia stato sbagliato fare entrare i grossi paesi asiatici nel WTO, in quanto il loro ingresso ha di fatto destabilizzato l'area sociale dei diritti dei lavoratori nei nostri paesi, di fatto creando milioni di disoccupati, cassaintegrati e precari. O perlomeno, è stato sbagliato il modo in cui hanno fatto entrare nel WTO questi paesi asiatici. Se ad esempio, i paesi del terzo mondo avessero avuto la possibilità di esportare liberamente solo materie prime, manufatti tipici locali, potendo importare liberamente allo stesso tempo prodotti tecnologici occidentali e manufatti occidentali, lo scambio commerciale sarebbe stato forse un tantino più equo e vantaggioso per entrambi. Infatti, l'Occidente non ha molte materie prime a disposizione, e pertanto avrebbe tratto grosso vantaggio dall'importare materie prime a prezzi competitivi. Ma la globalizzazione, così come è stata interpretata e gestita dagli utopici pensatori fautori del neo-liberismo (applicata indiscriminatamente a tutte le merci, compresi i prodotti tipici del manufatturiero), ha portato solo morte e distruzione in Occidente, non dando di fatto alcun vantaggio competitivo alle nostre imprese ed ai nostri lavoratori. Infatti, la globalizzazione neo-liberista e le ditte asiatiche, hanno tolto lavoro ed ordini alle piccole, alle medie ed alle grosse industrie, causando di fatto licenziamenti e cassaintegrazione per milioni di operai.

http://www.portalecnel.it/Portale%5CRassegnaStampaWeb.nsf/0/C12575C30045F725C12577370022357A/$FILE/054-S0UL8.pdf

Figuratevi, che adesso noi non siamo più nemmeno bravi a produrre le caffettiere. In Asie le producono a 2-3 euro cadauna e le caffettiere asiatiche sono ormai negli scaffali di tutto il mondo ed hanno sostituito di fatto le caffettiere italiane. Da noi, con il costo del lavoro che abbiamo (possibilmente ancora insufficiente, ma di certo frutto di anni di giustissime lotte operaie) una caffettiera costa alla produzione 5 euro. Ma i 2 euro in più che costa unacaffettiera italiana, a chi vanno ?  Semplice, con i 2 euro in più a caffettiera, si ci pagano i nostri operai, i loro diritti e le loro pensioni future. Questi "2 euro in più a caffettiera", sono probabilmente il minimo prezzo da pagare per manterene da noi in Occidente l'occupazione, la giustizia sociale, la pace sociale fra le classi, evitando le lotte fratricide e le bidonvilles e le banlieus alle periferie delle città. Chi sostiene (a torto) che sia giusto importare le caffettiere dall'Asia, io rispondo che se fossero caricate di un dazio di 2-3 euro a caffettiera, la cosa sarebbe tutto sommato accettabile. La libera concorrenza nel mercato porta tutto sommato buoni frutti, ma a patto che non venga messa a repentaglio la stabilità sociale ed i diritti dei nostri lavoratori.


L'ostinarsi a non volere mettere dazi sui manufatti asiatici, prodotti in condizione di evidente DUMPING SOCIALE E FISCALE, è solo pericoloso e deleterio per tutti noi.

Persino i super libertari Stati Uniti, che tanto hanno fatto nei decenni scorsi per promuvere la globalizzazione neo-liberista (di fatto riuscendoci), oggi sono in una situazione di evidente "imbarazzo", essendo ormai le loro imprese non più in grado di competere con i colossi asiatici che producono manufatti da esportare in evidente situazione di dumping sociale e fiscale. Adesso gli USA, che stanno pagando una disoccupazione crescente al 10%, ovvero a livelli mai visti prima, devono lottare contro il surplus spaventosio dell'Asia, della conlonizzazione capitalista delle loro imprese, comprate a suon di dollari "asiatici", adesso vorrebbero che le monete asiatiche fossero sopravvalutate, così da rendere il costo delle merci importate negli USA, più in linea con i costi di produzione statuintensi. Ma come ? Non erano gli USA i primi fautori del neoliberismo globalizzatore ? E adesso gli stessi USA chiedono ai paesi asiatici di amentare il valore della loro moneta ? Gli USA infatti sono stati vittima di ciò che essi stessi pensavano come un processo che andava solo a loro vantaggio. Ma pagare un operaio 100 euro al mese, potendolo di fatto sfruttare e facendolo lavorare come uno schiavo per 16 ore al giorno, evidentemente per i neo-liberisti americani, poteva essere solo un grosso vantaggio, che avrebbe portato solo denaro nelle loro casse di capitalisti globalizzatori. Ma un operaio, un uomo vale molto di più di tutta la super tecnologia posseduta dagli USA, in quanto probabilmente gli utopisti neo-liberisti avevano sottovalutato un fattore importantissimo: il valore dell'essere umano, che vale molto più di 1000 macchine e delle nostre super-tecnologie; tutto ciò in Asia lo sapevano bene, dal momento che producono manufatti a prezzi super competitivi, in regime di dumping sociale,  pagando i loro operai con stipendi da fame, alla faccia delle nostre mega-aziende super tecnologiche.

Il vero errore è adesso non innalzare barriere doganali e protettive nei confronti dei prodotti lavorati che giungono dall'Asia. Vanno alzati i dazi su tutti quei prodotti lavorati e finiti, che vengono prodotti in Asia in regime di dumping sociale. Il dazio aggiuntivo dovrebbe andare in un fondo di solidarietà per i nostri lavoratori italiani, al fine di elaborare nuove strategie di tutela lavorativa e sindacale. E' giusto che i prodotti asiatici comincino a costare di più, al fine di aiutare le nostre economie.

Se io voglio produrre in Italie delle magliette, assumendo in regola 100 operai, è giusto che lo Stato mi metta in condizione di potere vendere i miei prodotti sul libero mercato comunitario, non subendo la concorrenza sleale dei produttori asiatici, che pagano un operaio 100 euro al mese. A me per assumere un operaio in regola, i 100 operai costano approssimativamente 200.000 euro al mese (compresi i contributi sociali e previdenziali), contro i 10.000 euro al mese che paga un'azienda asiatica. Per lo Stato la tutela del lavoro credo dovrebbe essere un obbligo, anche in funzione del fatto che lo Stato dovrebbe tutelare oltre al mio diritto di imprendere, anche il lavoro ed i diritti dei miei 100 operai regolarmente assunti. Se a me produrre magliette, con 100 operai mi costa 3 euro a meglietta (quando in Asia costa 0.5 euro a maglietta), allora lo Stato dovrebbe giustamente caricare in dogana di un dazio "socialmente compensativo" le magliette dei miei concorrenti asiatici, imponendo una nuova tipologia di dazio, cosiddetta di di "solidarietà sociale e previdenziale".

Chi sostiene che i prodotti finiti provenienti dall'Asia non debbano essere tassati alle dogane, non pensa ai diritti delle nostre industrie, dei nostri figli e de nostri lavoratori.

Un paese occidentale evoluto dal punto di vista sociale del lavoro, non può e non deve importare merce finita, lavorata in Asia secondo standard lavorativi non coerenti con le nostre politiche sociali. In Asia un lavoratore viene pagato circa 100 - 150 euro al mese, e non ha affatto tutti i diritti di cui godono i nostri lavoratori in Occidente. Quando le merci asiatiche, giungono sul mercato, danneggiano il mercato del lavoro, causando di fatto la chiusura di migliaia di aziende e la conseguente perdita di preziosissimi posti di lavoro. Ciò non è accettabile da un punto di vista sociale, e lo Stato democratico non può pendere dalle labbra degli utopici fautori del neo-liberismo più spinto, di fatto aprendo le frontiere ai prodotti asiatici a basso costo. Già in USA stanno iniziando a praticare dazi sulle importazioni dei manufatti asiatici. Sarebbe ora che anche l'Europa facesse la stessa cosa, imitando gli Stati Uniti, visto che tutto sommato noi siamo solo capaci di "copiare" le idee altrui, giuste o sbagliate che siano; almeno copiamo gli USA nelle cose giuste.

venerdì 20 agosto 2010

Puntatori laser illegali

Salve Mondo.

3 Anni fa, esattamente nel mese di Agosto del 2007, scrissi un articolo relativo ad un nuovo fenomeno all'epoca del tutto nuovo, ma che si cominciava a presentare in tutta la sua potenziale pericolosità: la commercializzazione indisturbata di PUNTATORI LASER ILLEGALI, nelle bancarelle delle fiere di paese, articolo che si può raggiungere al seguente link: http://tekhnologhia.blogspot.com/2007/08/puntatori-laser-fuorilegge.html

Da allora ad oggi, le autorità hanno fatto migliaia e migliaia di sequestri di puntatori laser in tutta Europa (clicca qui), ma il fenomeno, nonostante la stretta repressiva delle autorità, fatica a ridursi, e ancora oggi possiamo leggere nelle cronache di  bambini ed adulti che indisturbati puntano tali raggi di luce intensissima e dannosissima verso animali, persone, veicoli, etc...

Innanzitutto vediamo come mai i puntatori laser superiori a 1 mW sono illegali, ed a quali sanzioni va incontro chi li produce, importa, commercializza o acquista. Premettiamo che i diodi laser di potenza fino ad 1 mW rientrano in classe 1 e 2 secondo la classificazione in base alla norma CEI  60825. I laser di potenza superiore ad 1 mW appartengono alla classe 3 e superiori, e sono illegali se venduti al pubblico sotto forma di puntatori o penne laser. Le norme CEI sono acquistabili presso http://www.ceiuni.it/

1) I diodi laser, montati sotto forma di "puntatori laser", ovvero oggetti maneggevoli a forma di penna, che emettono luce laser senza apposite schermature e protezioni, non possono essere prodotti, importati o venduti se superano 1 mW di potenza (sono consentite le classi 1 e 2). In pratica, il D.P.R. 459 del 1996, art. 2 comma1, Allegato A,  ne regolamenta la produzione, impedendo di fatto la produzione di "penne laser" o "puntatori laser" con potenza superiore ad 1 mW

2) I "puntatori laser" sopra 1 mW non sono conformi alla norma CEI EN 60825 e quindi non possono essere marchiati CE (Direttiva 2004/108/CE, recepita in Italia con il Decreto Legge n°197 del 9/11/2007). Se non sono marchiati CE non possono essere commercializzati. Chi li vende rischia il sequestro (oltre alla violazione del codice penale, vedi punto 4) e chi li acquista, rischia una sanzione amministrativa oltre al sequesto e la distruzione dell'oggetto.

3) I puntatori laser sopra 1 mW sono dei prodotti pericolosi, in base al Codice del consumo, Dlgs 206/2005, art 102 e successivi e in quanto tali vanno sequestrati e distrutti. Inoltre, anche qualora fossero di potenza inferiore a 1 mW (e quindi rientranti in classe 1 e 2) devono essere accompagnati da chiare istruzioni in italiano e da avvertenze circa la pericolosità dell'oggetto, in base all'Art. 9

4) I puntatori laser sopra 1 mW (con la sola esclusione di quelli chiaramente destinati a uso medico-scientifico) per chi li vende, fanno violare il codice penale. L'art. 650 del c.p.p., che viene contestato a chi importa, produce o commercializza puntatori laser di classe uguale o superiore a 3, per l'inosservanza dell'Ordinanza del ministero della salute 16 luglio 1998 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 20-07-1998. Il prodotto illegale, altresì, è soggetto a sequestro e successiva distruzione per via della pericolosità per la salute umana.
Circa il punto 4 va fatta una nota. Il Ministero della salute, nella sua ordinanza 16 luglio 1998, ha voluto evidenziare come i puntatori laser destinati ad uso medico-scientifico siano esclusi dagli effetti dell'ordinanza. Alcuni venditori, hanno pensato bene di appellarsi all'improbabile finalità scientifica di puntatori e penne laser di provenienza asiatica con potenza superiore ad 1mW per tentare di venderli liberamente come puntatori laser per uso "astronomico". Faccio notare, che in base alla norma CEI EN 60825 non è consentito in alcun caso produrre o importare "puntatori laser" o "penne laser" che possano danneggiare la vista durante il loro utilizzo (quindi superiori ad 1 mW). Quindi i puntatori laser superiori a 1 mW, per finalità diverse da quelle in campo medico-scientifico, non possono ottenere in alcun caso la certificazione CE e come tali non sono quindi commercializzabili. Inoltre, puntatori laser superiori ad 1 mW violano palesemente il D.P.R. 459 del 1996, art. 2 comma1, Allegato A. Come se non bastasse, puntare verso il cielo un laser di potenza superiore ad 1 mW potrebbe trasformarsi in attentato alla sicurezza del trasporto aereo, violando l'articolo 432 del codice penale. Quindi è evidente che nell'ordinanza del Ministero della Salute, nel 1998 si faceva riferimento a puntatori laser superiori ad 1 mW di potenza, destinati "esclusivamente" a finalità medico-scientifiche, e quindi incorporati in apparecchiature e dispositivi medici, per sole finalità terapeutiche e di ricerca scientifica, che in ogni caso per essere commercializzati oggi necessitano di marchio CE apposito (certificazione di conformità CE specifica per apparecchiature mediche). Un dispositivo medico-scientifico per uso sperimentale da laboratorio, richiede quindi una certificazione CE apposita, oltre alla rispondenza a tutta una serie di normative di sicurezza, che una penna-puntatore laser proveniente dall'Asia non potrà mai avere. Nessuna norma armonizzata CE, oggi consente la certificazione di un puntatore laser superiore ad 1 mW per uso astronomico.


Ma analizziamo dove si possono reperire tali oggetti illegali. Purtroppo il grosso della produzione mondiale di tali oggetti illegali, avviene indisturbato in Asia. Per qualche ignoto motivo, alcuni grossi paesi asiatici, nonostante facciano parte del WTO (World Trade Organization), consentono la produzione e l'esportazione dal loro territorio di "puntatori laser" con potenze sopra 1 mW e 5mW, nonostante essi siano oggetti la cui produzione è notoriamente vietata in gran parte del mondo. Da li, quindi, ogni giorno, superando con trucchi e raggiri le barriere ed i controlli doganali, entrano in Europa ed in Italia, "puntatori laser", importati in barba alla direttiva sicurezza macchine, alla direttiva sulla compatibilità elettromagnetica ed all'ordinanza del Ministero della Salute e quindi in violazione del codice penale.

Ma come fanno a comprare tali oggetti, se il commercio ed il possesso sono illegali? Molti venditori ambulanti abusivi, prevalentemente extracomunitari, vendono ormai "sotto banco" tali "armi ottiche". Non li espongono più come facevano anni fa in bella mostra sulle loro bancarelle (troppo spesso abusive) ma li nascondono nei loro borsoni, e li vendono su specifica richiesta;
altro canale illegale di approvvigionamento, sono i siti di aste online. Sui grossi portali di aste online, si vendono indisturbati puntatori laser illegali. Gli inserzionisti, apparentemente scrivono che sono conformi, da 1 mW ma nei fatti sono laser verdi ad alta potenza.
E per ultimo, ma non meno importante, è l'acquisto diretto tramite internet, sui siti dei fornitori asiatici. Dall'Asia si vendono indisturbati "armi ottiche" di elevata potenza, che passano indisturbate le frontiere, probabilmente all'interno di piccole buste e lettere, che esternamente sono molto discrete, e non riportano la natura del contenuto.
Le dogane purtroppo non riescono a controllare tutta la corrispondenza in arrivo dall'estero, in quanto al momento non sono in grado di controllare una tale mole di lettere provenienti dall'estero.

In ogni caso urgono misure urgenti e straordinarie sia a livello di WTO (World Trade Organization) per vietare la produzione e l'esportazione di puntatori laser ed "armi ottiche" oltre che nei paesi Occidentali, pure nei paesi Asiatici aderenti al WTO, che a livello di Agenzia delle Dogane per potenziare i controlli sulle merci e le lettere in transito presso i confini italiani ed europei.

Intanto negli Stati Uniti, alcune municipalità corrono ai ripari, emettendo proprie ordinanze, che prevedono il carcere (90 giorni) per chi fa uso improprio di puntatori laser, e una multa fino a 1000 dollari
Link alla legge: http://oceancitymd.gov/2010-25.pdf
Fonte: http://americancityandcounty.com/pubsafe/laser-pointers-restrictions-20100818/

giovedì 5 agosto 2010

Impostare suexec su WHM per ottimizzare joomla

Spesso capita, che su un sever linux con WHM (Web Host manager) Cpanel, capiti la necessità di ottimizzare Joomla, al fine di evitare che i file caricati dagli script php di Joomla abbiano propetarioe gruppo nobody:nobody

Ecco le impostazioni da fare, affinchè Joomla lavori e carichi gli script a nome dell'utente proprietario dello spazio web.

In pratica, da Service Configuration, si clicca su Configure PHP and SuExec, impostando il tutto nel seguente modo:
php 5 handler    cgi
php 4 handler     none
Default PHP version    5
Apache suEXEC      on